![]() Come sarebbe se potessi vedere rappresentati in tre dimensioni in tuoi problemi? proprio li, davanti a te. Quanto sarebbe più facile capirli osservandolo "da fuori"? quanto più facile cambiare punto di vista o intuire nuove soluzioni? Le rappresentazioni sistemiche simboliche di Giancarlo Rabericati servono proprio a questo. Con l'aiuto degli altri partecipanti puoi ricreare in 3 dimensioni tutte le tue esperienze ed interagire con esse "da fuori". Questa tecnica, frutto di 20 anni di studio, unisce le competenze apprese sui simboli, gesti rituali, costellazioni familiari, approcci sistemici per offrire un nuovo livello di consapevolezza. Perchè funziona?La mente umana è abituata a interpretare le esperienze attraverso una continua riflessione, elaborando e riconfigurando informazioni e soluzioni, elaborando strategie teoriche e soggettive. La parte profonda però rimane spesso inascoltata con il suo bagaglio di emozioni, dubbi e pulsioni. Inoltre elaborare una soluzione non implica metterla in pratica. Con questo tipo di rappresentazione, fatta sia di osservazione razionale e logica delle dinamiche, sia dell'uso di gesti, immagini ed oggetti simbolici che coinvolgono la parte profonda, finalmente queste due parti dialogano e agiscono insieme. Da questo "dialogo" ne scaturisce un cambio di stato che è sia mentale, che inconscio, che emotivo e che apre le porte a nuove consapevolezze ed evoluzioni. Come funziona?![]() Focalizzato il tema, esso viene rappresentato nello spazio attraverso la presenza fisica degli altri partecipanti che si muovono, interagiscono tra loro e con gli oggetti simbolici. I "rappresentanti", cosi si chiamano, compiono gesti, esprimono pensieri ed emozioni, rispondono e fanno domande. E' un'occasione di grande ricchezza emotiva e consapevolezza sia per chi vede rappresentato il proprio tema, sia per chi si presta a fare da "rappresentante" per gli altri. Non di rado infatti il rappresentante si trova a rappresentare proprio figure che appartengono al suo tema e questo gli dona nuove consapevolezze e nuove libertà. Per cosa è utile e per cosa no![]() Non c'è nulla di magico nelle rappresentazioni sistemiche simboliche, si basano su principi semplici: vedere le cose accadere rende più facile capirle, i simboli aiutano da sempre l'uomo a sintetizzare concetti complessi, i gesti simbolici, che muovono le emozioni, permettono dall'osservatore di liberarsi attraverso una catarsi. Le rappresentazioni sistemiche simboliche sono utili per: comprendere meglio situazioni complesse, ottenere maggiore obbiettività e chiarezza, lasciar andare, far la pace col passato, riconciliarsi con la vita attraverso i gesti simbolici. Sono utili anche per cambiare punto di vista, comunicare con le diverse parti di sè, trovare nuove soluzioni, motivarsi ed "andare oltre". Questo strumento invece non è utile per: guarire da malattie fisiche o da problemi psicologici, far cambiare idea agli altri, lavorare su problemi di altri, contattare i propri cari trapassati, fare sparire i problemi "magicamente" etc. Quanto durano? Di solito in una giornata si fanno da 7 a 10/12 rappresentazioni, possono durare da 20 minuti a un'ora a seconda di come il sistema, costituito da tutti i partecipanti, elabora i contenuti. L'interazione tra tutti i membri della rappresentazione costituisce un sistema che lavora con tempi propri e che si "arresta" quando è stato raggiunto il massimo livello possibile di chiarezza e risoluzione. Si può partecipare a una rappresentazione tutte le volte che si vuole, anche ogni mese ma per rappresentare i propri temi personali è bene lasciare passare da tre a sei mesi per ogni rappresentazione, eccezioni sono possibili confrontandosi prima con l'insegnante. Come partecipare?Per ogni rappresentazione sistemica sono disponibili da 7 a 10 posti per rappresentare i propri temi e fino a 15 come partecipanti che non portano un proprio tema. Ricordiamo che tutti traggono beneficio dalla rappresentazione, anche chi partecipa solo come "rappresentante" o addirittura chi fa solo l'osservatore. Grazie al potere catartico dell'esperienza infatti, tutti provano l'esperienza benefica dello sciogliersi di temi personali.
Per iscriverti o pre iscriverti alla prossima rappresentazione: [email protected] oppure attraverso il sito www.giancarlorabericati.com o al telefono al 3271428376.
1 Comment
![]() La maggior parte delle persone guarda con sospetto il termine "cambiamento". Quando lavoriamo insieme in sessione sul termine di un periodo di vita (ne incontriamo uno ogni 9 anni secondo la numerologia) i più mi raccontano: "Mi sembra di morire, che la mia vita stia finendo, tutto quello che ho costruito/conosciuto/vissuto fino ad ora sembra disfarsi, finire" "Ed è esattamente così, sta finendo, pensavi sarebbe stato per sempre?" rispondo io. Ebbene si, dimenticatevi le "transizioni delicate", le "scelte focalizzate", i "tu sei l'autista della tua vita", i vari " immagina, puoi" (ma puoi cosa? che ti pare che se potevo stavo ancora qui su Facebook? (cit.)" che vi snocciolano i vari coach motivatori cazzari: a volte la vita vi invita al cambiamento senza troppi fronzoli, con una bella spallata o rendendovi talmente insofferenti da decidere di "darci un taglio". Cambiare significa in primis accettare la fine delle cose come sono. La fine di una relazione, di un rapporto di lavoro, di una stabilità economica, la fine di sè e del proprio "equilibrio emotivo" ed è questo che fa così paura. Dietro al cambiamento vediamo l'ombra della fine di ciò che è, un eufemismo gentile per dire della morte. Se vogliamo diventare delle persone diverse dobbiamo lasciare che l'immagine di noi muoia, insieme all'opinione che gli altri hanno di noi (e il valore che gli riconosciamo), dobbiamo lasciare che la nostra vita per come la conosciamo finisca. La fine fa paura a tutti, pensiamo che tutto e tutti saranno per sempre ma nulla lo è, noi non lo siamo. I saggi buddisti sostengono che la nostra morte fisica incomincia il giorno della nostra nascita. Mentre nasciamo il nostro corpo è già in corsa verso la propria fine attraverso il suo iniziale sviluppo e poi attraverso la sua maturità ed il suo decadimento. Macabro vero? Oppure liberatorio come può esserlo solamente l'accettazione di ciò che è. Non viviamo e poi un giorno moriamo, viviamo e moriamo contemporaneamente e anche quando il nostro corpo fisico finisce altre parti di noi non hanno fine; se afferriamo questo concetto diventiamo liberi dalla paura e potenti, per davvero. Un giorno su e un giorno..giù![]() Questa è la vera chiave del cambiamento, quando non siamo più attaccati alle cose, quando al dispiacere per la fine si accosta la curiosità per il nuovo che deve arrivare ecco che il cambiamento diventa un'avventura. E le emozioni? beh quando siamo in una fase di cambiamento abbiamo bisogno di accettare che le nostre emozioni ci portino un giorno su e un giorno giù, è come andare sulle montagne russe. Può essere stupendo o terrificante o entrambe le cose contemporaneamente. Quando accettiamo che in ogni istante stiamo andando verso la fine e verso l'inizio contemporaneamente accettiamo che ogni cosa nella nostra vita possa andarsene per fare spazio ad altro: cose, persone, situazioni, raggiungimenti e noi stessi, anche noi. L'impermanenza è la chiave per accogliere con più serenità il cambiamento. Compresa l'impermanenza delle emozioni. Sappiamo che anche questa incertezza non sarà per sempre. Alcuni trucchi per godersi il viaggio..
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Spesso sento parlare molti motivatori in termini di resa=fallimento. In realtà arrendersi a volte può essere il miglior successo della propria vita. Pensate a cosa succede se non ci arrendiamo alla morte di qualcuno, a una separazione, a un licenziamento: rimaniamo nel nostro dolore, nel rancore, nella vendetta. Cerchiamo di "recuperare" posizioni, ci opponiamo, a volte perseverare è bene ma a volte no. Arrendersi è un'istinto naturale quando la nostra sopravvivenza è in gioco, chi continuerebbe a tenere la fune legata al masso che sta affondando nell'oceano solo per dimostrare che è "coerente" o "coraggioso"? Eppure a volte il masso pronto a trascinarci nell'oceano è cammuffato da mille buone intenzioni. Le discussioni sui grandi temi etici e morali in cui dobbiamo vincere per tutelare il bene comune, le relazioni da "salvare" perchè abbiamo condiviso così tanto, perchè "come la prenderebbe mio padre/madre/sorella..", i progetti che non decollano ma "non posso mollare proprio ora, cosa diranno tutti?" oppure " no un giorno capiranno e l'azienda venderà bene".
La giustizia e l'ingiustizia sono un grosso ancoraggio al non lasciar andare. Non possiamo lasciar andare perchè "non è giusto che non mi ripaghi il debito, mi deve dare i miei soldi" oppure" non è giusto che la passi liscia". Alcuni vivono tutta la loro vita all'ombra delle cause legali, delle discussioni con i familiari per le eredità etc. Agiamo per avere giustizia e poi lasciamo che le cose vadano secondo il loro corso, Ogni cosa troverà il modo di andare in pari. Essere perseveranti va bene fino a un certo punto. Quanta felicità può costarti avere ragione?
Quando ci rendiamo conto che è stato tentato di tutto, che il frutto potrebbe essere costato talmente tanto da risultare amaro, abbiamo bisogno di lasciar andare. Certo non è semplice ne piacevole: paura, dolore, confusione verranno a farci compagnia ma, se restiamo nel processo, presto lasceranno il posto a nuove emozioni: eccitazione, curiosità, entusiasmo.
Abbiamo bisogno di fidarci della vita, di ricordarci che meritiamo il bene e che per ottenerlo dobbiamo imparare a mettere insieme la nostra volontà e le nostre aspirazioni con il naturale fluire della vita stessa. Impariamo a lasciar andare e vivremo una vita più leggera, meno avvelenata, lasciamo andare e saremo liberi di nuovo.
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AutoreGiancarlo Rabericati è formatore e HR manager. Dal 1998 si occupa di formazione per aziende e privati. Archivi
Agosto 2020
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