![]() La maggior parte delle persone guarda con sospetto il termine "cambiamento". Quando lavoriamo insieme in sessione sul termine di un periodo di vita (ne incontriamo uno ogni 9 anni secondo la numerologia) i più mi raccontano: "Mi sembra di morire, che la mia vita stia finendo, tutto quello che ho costruito/conosciuto/vissuto fino ad ora sembra disfarsi, finire" "Ed è esattamente così, sta finendo, pensavi sarebbe stato per sempre?" rispondo io. Ebbene si, dimenticatevi le "transizioni delicate", le "scelte focalizzate", i "tu sei l'autista della tua vita", i vari " immagina, puoi" (ma puoi cosa? che ti pare che se potevo stavo ancora qui su Facebook? (cit.)" che vi snocciolano i vari coach motivatori cazzari: a volte la vita vi invita al cambiamento senza troppi fronzoli, con una bella spallata o rendendovi talmente insofferenti da decidere di "darci un taglio". Cambiare significa in primis accettare la fine delle cose come sono. La fine di una relazione, di un rapporto di lavoro, di una stabilità economica, la fine di sè e del proprio "equilibrio emotivo" ed è questo che fa così paura. Dietro al cambiamento vediamo l'ombra della fine di ciò che è, un eufemismo gentile per dire della morte. Se vogliamo diventare delle persone diverse dobbiamo lasciare che l'immagine di noi muoia, insieme all'opinione che gli altri hanno di noi (e il valore che gli riconosciamo), dobbiamo lasciare che la nostra vita per come la conosciamo finisca. La fine fa paura a tutti, pensiamo che tutto e tutti saranno per sempre ma nulla lo è, noi non lo siamo. I saggi buddisti sostengono che la nostra morte fisica incomincia il giorno della nostra nascita. Mentre nasciamo il nostro corpo è già in corsa verso la propria fine attraverso il suo iniziale sviluppo e poi attraverso la sua maturità ed il suo decadimento. Macabro vero? Oppure liberatorio come può esserlo solamente l'accettazione di ciò che è. Non viviamo e poi un giorno moriamo, viviamo e moriamo contemporaneamente e anche quando il nostro corpo fisico finisce altre parti di noi non hanno fine; se afferriamo questo concetto diventiamo liberi dalla paura e potenti, per davvero. Un giorno su e un giorno..giù![]() Questa è la vera chiave del cambiamento, quando non siamo più attaccati alle cose, quando al dispiacere per la fine si accosta la curiosità per il nuovo che deve arrivare ecco che il cambiamento diventa un'avventura. E le emozioni? beh quando siamo in una fase di cambiamento abbiamo bisogno di accettare che le nostre emozioni ci portino un giorno su e un giorno giù, è come andare sulle montagne russe. Può essere stupendo o terrificante o entrambe le cose contemporaneamente. Quando accettiamo che in ogni istante stiamo andando verso la fine e verso l'inizio contemporaneamente accettiamo che ogni cosa nella nostra vita possa andarsene per fare spazio ad altro: cose, persone, situazioni, raggiungimenti e noi stessi, anche noi. L'impermanenza è la chiave per accogliere con più serenità il cambiamento. Compresa l'impermanenza delle emozioni. Sappiamo che anche questa incertezza non sarà per sempre. Alcuni trucchi per godersi il viaggio..
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Spesso sento parlare molti motivatori in termini di resa=fallimento. In realtà arrendersi a volte può essere il miglior successo della propria vita. Pensate a cosa succede se non ci arrendiamo alla morte di qualcuno, a una separazione, a un licenziamento: rimaniamo nel nostro dolore, nel rancore, nella vendetta. Cerchiamo di "recuperare" posizioni, ci opponiamo, a volte perseverare è bene ma a volte no. Arrendersi è un'istinto naturale quando la nostra sopravvivenza è in gioco, chi continuerebbe a tenere la fune legata al masso che sta affondando nell'oceano solo per dimostrare che è "coerente" o "coraggioso"? Eppure a volte il masso pronto a trascinarci nell'oceano è cammuffato da mille buone intenzioni. Le discussioni sui grandi temi etici e morali in cui dobbiamo vincere per tutelare il bene comune, le relazioni da "salvare" perchè abbiamo condiviso così tanto, perchè "come la prenderebbe mio padre/madre/sorella..", i progetti che non decollano ma "non posso mollare proprio ora, cosa diranno tutti?" oppure " no un giorno capiranno e l'azienda venderà bene".
La giustizia e l'ingiustizia sono un grosso ancoraggio al non lasciar andare. Non possiamo lasciar andare perchè "non è giusto che non mi ripaghi il debito, mi deve dare i miei soldi" oppure" non è giusto che la passi liscia". Alcuni vivono tutta la loro vita all'ombra delle cause legali, delle discussioni con i familiari per le eredità etc. Agiamo per avere giustizia e poi lasciamo che le cose vadano secondo il loro corso, Ogni cosa troverà il modo di andare in pari. Essere perseveranti va bene fino a un certo punto. Quanta felicità può costarti avere ragione?
Quando ci rendiamo conto che è stato tentato di tutto, che il frutto potrebbe essere costato talmente tanto da risultare amaro, abbiamo bisogno di lasciar andare. Certo non è semplice ne piacevole: paura, dolore, confusione verranno a farci compagnia ma, se restiamo nel processo, presto lasceranno il posto a nuove emozioni: eccitazione, curiosità, entusiasmo.
Abbiamo bisogno di fidarci della vita, di ricordarci che meritiamo il bene e che per ottenerlo dobbiamo imparare a mettere insieme la nostra volontà e le nostre aspirazioni con il naturale fluire della vita stessa. Impariamo a lasciar andare e vivremo una vita più leggera, meno avvelenata, lasciamo andare e saremo liberi di nuovo.
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AutoreGiancarlo Rabericati è formatore e HR manager. Dal 1998 si occupa di formazione per aziende e privati. Archivi
Agosto 2020
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