L’attuale situazione di emergenza Covid 19 ci porta a prestare attenzione al corpo. Il benessere e la competenza nel gestire il potenziale contatto col virus possono essere mantenuti attraverso il sostegno al sistema immunitario e le regole di igiene di spazi e persona. In quest’ottica anche le parole e i pensieri è bene che diventino oggetto di attenzione. Conosciamo bene i vantaggi dell’igiene fisica ma perché occuparci dell’igiene dei pensieri e del linguaggio? Parole e pensieri sono tra i più potenti stimoli emotigeni, cioè elementi in grado di stimolare e sostenere emozioni e stati d’animo. Le emozioni, contrariamente all’opinione comune, non sono come i sentimenti, non hanno una componente razionale, almeno al loro insorgere, piuttosto producono una risposta corporea immediata e a volte anche molto forte. Secondo la teoria diencefalica di Cannon Bard, quando uno stimolo emotigeno, un pensiero o una parola, si affaccia al “sistema persona” esso viene processato inizialmente in area sub corticale del cervello da talamo e amigdala. L’amigdala in particolare, si occupa di gestire la reazione allo stimolo, una reazione prettamente corporea: battito cardiaco, pressione, ritmo respiratorio, sudorazione ma anche la produzione di adrenalina, dopamina, noradrenalina che sono coinvolte nella reazione di attacco o fuga. Successivamente il talamo invia le informazioni anche alla corteccia e abbiamo una risposta più mediata e consapevole. Se avete seguito il percorso avrete capito bene che la prima reazione ad uno stimolo è emotivo/corporea e coinvolge cuore e polmoni, organi importanti. Quando il corpo è in questo stato è in una condizione di emergenza in cui le “risorse” sono gestite in maniera alterata rispetto al normale vivere quotidiano ed è “in tensione”. Cosa succede se continuiamo ad usare termini spaventosi, a coltivare e rimuginare pensieri pieni di paura e di disperazione? Semplicemente questo innesco non si spegne mai e il corpo non trova pace. Nel medio lungo periodo questo significa sottoporre il corpo ad uno stress continuo con tutti gli effetti tipici dello stress “cattivo”: deplezione di potassio e magnesio, difficoltà di concentrazione, insonnia, alti livelli di cortisolo e, indovinate un po',calo di efficienza del sistema immunitario. Si avete capito bene: pensieri paurosi e linguaggi catastrofici rendono più debole il vostro sistema immunitario, per questo abbiamo bisogno di prenderci cura della nostra mente e del dialogo interno e con gli altri. Come possiamo fare? Attraverso un’igiene o se preferite un’ecologia di linguaggio e pensiero. Ecco quindi alcune veloci indicazioni per fare del nostro meglio: Evitiamo di leggere le notizie ogni cinque minuti e teniamoci lontani da fonti inattendibili che narrano di imminenti catastrofi, limitiamo e filtriamo i social che sono diventati un territorio di espressione di paure ed ansie personali e facciamone un buon uso; Così come non vogliamo essere intossicati dalle narrazioni paurose altrui è bene che facciamo lo stesso con gli altri. Prendiamoci cura dei più fragili evitando di alimentare la paura e l’ansia con i nostri post o messaggi: tra i nostri lettori possono esserci persone sole, mentalmente o emotivamente delicate e sensibili che potrebbero non essere in grado di filtrare il contenuto. Coltiviamo invece il corpo con una attività fisica che contenga il rimuginio e contrasti la sedentarietà. Sosteniamoci con una dieta adeguata, studiamo, leggiamo, teniamo la mente occupata, prendiamoci cura del nostro ambiente. Dedichiamoci all’ascolto di musica allegra o rilassante oppure dei suoni della natura invece di tenere la tv sul canale delle tragedie in sottofondo. Facciamo degli esercizi di respiro consapevole, parliamo con figure preposte all’ascolto per alleggerirci, impariamo a meditare e ad esprimere con l’arte la nostra creatività. Il benessere viene prima di tutto da dentro, nutriamolo con parole e pensieri positivi.
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L'ho sentito anche ieri mentre ero in asilo:"oh si signora, si vede che è un bambino sano è così socievole"..come se la socievolezza fosse un sintomo di sanità mentale ed equilibrio. Va da sè che non aver voglia di intessere relazioni umane e sociali sia da "malati". Ma siamo sicuri che sia così vero? Non siamo tutti uguali: alcuni si ricaricano stando con gli altri, altri si ricaricano stando con se stessi e non definirei squilibrati ne gli uni ne gli altri. Questo comportamento vale per adulti, bambini, anziani. Se si nasca introversi o estroversi oppure se lo si diventi per condizionamento non ha saputo dirmelo nessuno, per ora, ma quello che so è che nessuno dei due sistemi mi pare migliore dell'altro. La nostra società però premia l'estroversione: si DEVE essere sempre socievoli, si DEVE aver voglia di parlare, si DEVE aver voglia di festeggiare, dire di no a un evento significa che qualcosa non va. Bellissimo! In compagnia si ascoltano gli altri ma si ascolta se stessi? Si riflette sulle proprie difficoltà? Si ha il tempo di confrontarsi con il proprio autentico sentire? Il più delle volte no e tutto quello che scopriamo di noi arriva dal riflesso proiettivo del nostro interlocutore. Questo "scollamento" da noi stessi genera molta sofferenza. Le persone sono socialmente indotte a essere socievoli, comunicative, in ascolto, sorridenti , positive e felici...e i pensieri tristi?L'osservazione di sè? I "problemi"? Sotto il tappeto, subito! E poi sappiamo come va a finire: il corpo somatizza, l'ansia e il panico, l'ansiolitico etc etc finchè finiamo a tracollare oppure a esplodere e mandare tutti a quel paese. Prenditi i tuoi spazi Impara a prenderti i tuoi spazi, impara a stare da solo, ad ascoltare il dolore o il fastidio anche se non ti piacciono. Impara a stare da solo e a fregartene di chi ti dice che hai dei problemi, che sei musone, che sei sociopatico o misantropo (peraltro potresti essere in ottima compagnia). Stare da soli e sapersi amare come persone solitarie è una grande guarigione. 15 Anni fa comprai un enorme tavolino da salotto pensando a tutti gli amici che avrei avuto ospiti: immaginavo pomeriggi a berci thè e raccontarcela, serate pizza e film, cene con cinese da asporto ad ascoltare musica e vedere i festival ma la media dei miei amati ospiti è di 3 o 4 all'anno. Ho realizzato che Era solo un'immagine di me, quello che pensavo dovessi essere e diventare per essere "giusto". Ora so che sono giusto così, con i miei pomeriggi "gatto, libro e the" con le mie serate musica e relax, con la mia pizza 36 farciture e videocorso di formazione. Oggi ho mandato quel tavolo in discarica e con esso l'idea di come avrei dovuto essere a cui avevo scelto di credere. Oggi mi sono amato completamente come solitario, smettendo di sentirmi in colpa, inadeguato e giudicato perchè non rispondo al telefono se non ho voglia, perchè non vado agli apericena e manco alle feste e pure in vacanza parto da solo. E va bene così. Facciamocene una ragione, ci sono persone che non sono socievoli e sono molto più sane di chi deve per forza stare in compagnia per non sentirsi sbagliato o per non fare i conti con quello che sente. IMPARATE A STARE DA SOLI GODETE DI VOI STESSI :-) Giancarlo Rabericati La maggior parte delle persone guarda con sospetto il termine "cambiamento". Quando lavoriamo insieme in sessione sul termine di un periodo di vita (ne incontriamo uno ogni 9 anni secondo la numerologia) i più mi raccontano: "Mi sembra di morire, che la mia vita stia finendo, tutto quello che ho costruito/conosciuto/vissuto fino ad ora sembra disfarsi, finire" "Ed è esattamente così, sta finendo, pensavi sarebbe stato per sempre?" rispondo io. Ebbene si, dimenticatevi le "transizioni delicate", le "scelte focalizzate", i "tu sei l'autista della tua vita", i vari " immagina, puoi" (ma puoi cosa? che ti pare che se potevo stavo ancora qui su Facebook? (cit.)" che vi snocciolano i vari coach motivatori cazzari: a volte la vita vi invita al cambiamento senza troppi fronzoli, con una bella spallata o rendendovi talmente insofferenti da decidere di "darci un taglio". Cambiare significa in primis accettare la fine delle cose come sono. La fine di una relazione, di un rapporto di lavoro, di una stabilità economica, la fine di sè e del proprio "equilibrio emotivo" ed è questo che fa così paura. Dietro al cambiamento vediamo l'ombra della fine di ciò che è, un eufemismo gentile per dire della morte. Se vogliamo diventare delle persone diverse dobbiamo lasciare che l'immagine di noi muoia, insieme all'opinione che gli altri hanno di noi (e il valore che gli riconosciamo), dobbiamo lasciare che la nostra vita per come la conosciamo finisca. La fine fa paura a tutti, pensiamo che tutto e tutti saranno per sempre ma nulla lo è, noi non lo siamo. I saggi buddisti sostengono che la nostra morte fisica incomincia il giorno della nostra nascita. Mentre nasciamo il nostro corpo è già in corsa verso la propria fine attraverso il suo iniziale sviluppo e poi attraverso la sua maturità ed il suo decadimento. Macabro vero? Oppure liberatorio come può esserlo solamente l'accettazione di ciò che è. Non viviamo e poi un giorno moriamo, viviamo e moriamo contemporaneamente e anche quando il nostro corpo fisico finisce altre parti di noi non hanno fine; se afferriamo questo concetto diventiamo liberi dalla paura e potenti, per davvero. Un giorno su e un giorno..giùQuesta è la vera chiave del cambiamento, quando non siamo più attaccati alle cose, quando al dispiacere per la fine si accosta la curiosità per il nuovo che deve arrivare ecco che il cambiamento diventa un'avventura. E le emozioni? beh quando siamo in una fase di cambiamento abbiamo bisogno di accettare che le nostre emozioni ci portino un giorno su e un giorno giù, è come andare sulle montagne russe. Può essere stupendo o terrificante o entrambe le cose contemporaneamente. Quando accettiamo che in ogni istante stiamo andando verso la fine e verso l'inizio contemporaneamente accettiamo che ogni cosa nella nostra vita possa andarsene per fare spazio ad altro: cose, persone, situazioni, raggiungimenti e noi stessi, anche noi. L'impermanenza è la chiave per accogliere con più serenità il cambiamento. Compresa l'impermanenza delle emozioni. Sappiamo che anche questa incertezza non sarà per sempre. Alcuni trucchi per godersi il viaggio..
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AutoreGiancarlo Rabericati è formatore e HR manager. Dal 1998 si occupa di formazione per aziende e privati. Archivi
Agosto 2020
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