Il bello è un'ottima cassa di risonanza per il buono, questa è una verità innegabile ma fino a che punto? Quando il bello e il merito entrano in conflitto? Per i greci l'ideale di bellezza era sia estetico che virtuoso, il bello e il buono erano complementari e chi era bello doveva necessariamente essere buono (inteso come virtuoso ma anche abile, capace), oggi si sta osservando un "ritorno alle origini" che rischia di impoverire il mondo del lavoro rendendo la competenza un inutile orpello e le persone competenti operatori da linee secondarie. La televisione e i media fanno da traino in questo processo già da qualche anno. Non ho per scelta la televisione ma ogni tanto mi capita di buttare l'occhio su qualche video su youtube: Puntata di Rai sul tema del disagio psicologico in famiglia, mi aspetterei uno stimato psichiatra o psicologo, di quelli che lavorano ogni giorno a contatto con famiglie martoriate dalla malattia mentale e mi trovo una velina, bellissima, 30 anni scarsi a raccontarmi di quanto fosse dura per lei con la madre che preferiva le piante a lei. Mi aspetto che sia un giudice o un avvocato a raccontarmi come funziona il sistema debitorio in italia, mi ritrovo un attore belloccio a raccontarmi dei suoi problemi col fisco e i debiti di gioco. E l'attrice che fino a due mesi fa mangiava tomelle di formaggio ci parla di veganesimo, la ballerina di dieta sana, il modello di postura corretta, il VJ di macroeconomia politica e flussi migratori, l'influencer di articoli di make up di spiritualità. Questo gioco degli ambasciatori ci sta sfuggendo di mano. I veri esperti, laddove non siano "estetici", stanno dietro le quinte a suggerire. E il mondo del lavoro?Questa tendenza è un danno irreparabile e silenzioso per il mondo del lavoro: ogni giorno perdiamo risorse competenti, idee e conoscenze che solo persone che hanno dedicato la loro vita allo studio (e molto meno alla palestra) possono avere e che emigrano verso altre realtà come la Francia, più meritocratiche. Sempre più spesso mi sento dire di selezionare risorse "di bell'aspetto", che ci sappiano fare con la gente, estroverse, spigliate, in un caso addirittura "alto, solido e con un fisico curato perchè dia un'immagine dello studio prestante", mi sono anche sentito dire che "nessuno vorrebbe come responsabile del personale una donna brutta perchè sta subito antipatica mentre una bella f.ga" può dire tutto ai dipendenti" o che un personale di bell'aspetto mette di buon umore tutti le le colleghe o i colleghi. Ecco questo è il punto: Siamo davvero sicuri che basti la bellezza della scatola per sopperire al contenuto? Non sto dicendo che kalos kai kakos (bello è cattivo/incompetente), anzi esistono persone che sono sono sia belle che competenti o sia belle che curate e risentono del pregiudizio opposto, ma che forse la bellezza non dovrebbe essere requisito tale da farci scegliere quello meno competente, anche quando si tratta di chi sta a contato col pubblico. Non siamo a "non è la Rai" con Boncompagni che diceva ad Ambra cosa dire in cuffia: uanto ci costa avere un responsabile bello, simpatico, un pò seduttivo e dovergli accostare 2 o 3 tecnici realmente competenti per fare il lavoro che lui non sa fare? Vale in tutti i settoriEbbene si vale in tutti i settori, ho visto studi legali scegliere ex commessi di profumi per la segreteria generale e poi chiamarmi disperati per fargli formazione perchè si sono ritrovati con danni da 28mila euro per non aver depositato in tempo gli atti, gioiellerie scegliere influencer quasi modelle e poi piangere quando si sono trovati venduti rubini al prezzo di tormaline. Poco tempo fa una nota agenzia che produce format televisivi ha organizzato una serie tv sul coaching e poi mi ha chiamato chiedendomi di dire in cuffia al coach le battute perchè non se ne cavava un ragno dal buco (però, come hanno tenuto a sottolineare, era prestate, virile, maschio alfa,e con la camicia bianca aperta bucava lo schermo, molto immaginario del coach italiano). Fortunatamente ci sono realtà in controtendenza come una nota agenzia di modelle la cui selezionatrice è una meravigliosa psicologa con l'aspetto da mamma di tutti, ti aspetteresti di vederla sbucare da un momento all'altro dalla cucina con una torta in mano, il suo aspetto così "normale" tranquillizza il personale che non si sente "in competizione per la perfezione estetica" e le permette di mettere a frutto le sue competenze trentennali nella gestione delle risorse. Una volta tanto le competenze hanno prevalso sull'aspetto. No fai da te, si professionistaUn professionista delle risorse umane sa perfettamente quanto "costi" la risorsa umana all'azienda e sa anche che, con le risorse giuste , l'azienda può fiorire in modi inimmaginabili. La persona sbagliata al posto sbagliato può costare anni di conflitti, un ambiente di lavoro malsano, cause, spese e perdite. Affidarsi a un professionista significa garantirsi una selezione imparziale e efficace che valuti le reali competenze umane, tecniche e sociali senza farsi influenzare. Una spesa tutto sommato contenuta per un risparmio enorme.
Giancarlo Rabericati
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"Mi sembra di essere in un film che continua a ripetersi", "continuo a ritrovarmi nelle stesse situazioni", "va bene per un pò poi siamo esattamente nella medesima situazione", "mi sento in gabbia". Queste sono alcune delle considerazioni che mi è capitato di ascoltare negli anni e non stento a credere che siano vere. Quando non c'è progressione c'è ripetizione. Se adottiamo la metafora che "la vita è una scuola per imparare ed evolvere" allora possiamo pensare che di tanto in tanto ci siano dei compiti in classe o degli esami di fine livello, se non li passi, ricominci. Avete mai fatto un corso online di quelli seri? Dopo un certo numeri di slide hai un test su quanto appena appreso, se non lo superi non vengono sbloccate le lezioni successive. La vita funziona allo stesso modo, non puoi sbloccare determinati contenuti se prima non hai imparato da quelli precedenti. Imparare a imparareLa maggior parte di noi subisce le esperienze di vita, non si domanda mai "cosa c'è li per me?" è sempre colpa di uno, dell'altro, della società, della congiuntura e certamente sappiamo che ci sono "affari" in cui siamo impotenti, ma quando ci toccano siamo capaci di apprendere la lezione nascosta in essi? Stiamo con un partner anaffettivo o abusante, certo non possiamo cambiarlo ma impariamo la lezione che "meritiamo di essere amati?", ce ne andiamo? Facciamo un lavoro in cui siamo sottopagati, non possiamo rendere il nostro datore di lavoro generoso (e lungimirante) ma impariamo la lezione "il nostro lavoro vale e meritiamo di essere pagati"? chiediamo? insistiamo? cambiamo? il problema è che il capo è avaro o che noi per primi non crediamo nelle nostre competenze e nella nostra bravura? Possiamo imparare a credere in noi stessi, forse la lezione è questa...forse. Il fascino della ripetizioneIl 70% dei miei studenti arriva a un punto in cui è tentato di tornare indietro e alcuni lo fanno. Me ne accorgo perchè in sessione giocano a melina: ritirano fuori i vecchi argomenti, ricascano nelle solite frequentazioni, incominciano a dare buca alle sessioni, mi dicono che devono risparmiare. La ripetizione esercita i suo fascino come una sirena, il nuovo è strano, insolito, sembra così poco, il vecchio è tanta roba. Quanto è rassicurante dirsi: "ormai" sono abituato, sono: "quella che trova sempre l'uomo sbagliato", "quello che nessuno ha fiducia in me" , "quello che, queste teorie non fanno per me io sono uno fisico" e a un passo dall'uscire dal livello decidono di ricominciare. Se non sono più le vittime non sanno che cosa essere. Il mio lavoro è esattamente inserirmi in questo processo e fornire gli strumenti per cambiare, finalmente, per passare allo step successivo. Non imparo la lezione al posto loro, fornisco degli strumenti e un metodo di studio per impararla. Certo puoi risparmiare i soldi delle mie lezioni e farti un viaggio, soddisfare il tuo ego con una borsetta nuova, andare dall'estetista o gonfiarti in palestra ma la situazione non cambierà. E' come, per tornare alla metafora del videocorso, alzarsi dalla scrivania senza aver superato il test e pensare che al nostro ritorno sarà comunque stato sbloccato il livello successivo. Si ripete! Investire in formazione, quella vera, non i corsi dei motivatori da stadio, vuol dire mettersi in gioco attivamente, assumersi la responsabilità di aver "giocato il gioco" e scegliere di cambiare.
E tu sei pronto a investire nel tuo cambiamento? Sei davvero sicuro di voler imparare? Giancarlo Rabericati L'ho sentito anche ieri mentre ero in asilo:"oh si signora, si vede che è un bambino sano è così socievole"..come se la socievolezza fosse un sintomo di sanità mentale ed equilibrio. Va da sè che non aver voglia di intessere relazioni umane e sociali sia da "malati". Ma siamo sicuri che sia così vero? Non siamo tutti uguali: alcuni si ricaricano stando con gli altri, altri si ricaricano stando con se stessi e non definirei squilibrati ne gli uni ne gli altri. Questo comportamento vale per adulti, bambini, anziani. Se si nasca introversi o estroversi oppure se lo si diventi per condizionamento non ha saputo dirmelo nessuno, per ora, ma quello che so è che nessuno dei due sistemi mi pare migliore dell'altro. La nostra società però premia l'estroversione: si DEVE essere sempre socievoli, si DEVE aver voglia di parlare, si DEVE aver voglia di festeggiare, dire di no a un evento significa che qualcosa non va. Bellissimo! In compagnia si ascoltano gli altri ma si ascolta se stessi? Si riflette sulle proprie difficoltà? Si ha il tempo di confrontarsi con il proprio autentico sentire? Il più delle volte no e tutto quello che scopriamo di noi arriva dal riflesso proiettivo del nostro interlocutore. Questo "scollamento" da noi stessi genera molta sofferenza. Le persone sono socialmente indotte a essere socievoli, comunicative, in ascolto, sorridenti , positive e felici...e i pensieri tristi?L'osservazione di sè? I "problemi"? Sotto il tappeto, subito! E poi sappiamo come va a finire: il corpo somatizza, l'ansia e il panico, l'ansiolitico etc etc finchè finiamo a tracollare oppure a esplodere e mandare tutti a quel paese. Prenditi i tuoi spazi Impara a prenderti i tuoi spazi, impara a stare da solo, ad ascoltare il dolore o il fastidio anche se non ti piacciono. Impara a stare da solo e a fregartene di chi ti dice che hai dei problemi, che sei musone, che sei sociopatico o misantropo (peraltro potresti essere in ottima compagnia). Stare da soli e sapersi amare come persone solitarie è una grande guarigione. 15 Anni fa comprai un enorme tavolino da salotto pensando a tutti gli amici che avrei avuto ospiti: immaginavo pomeriggi a berci thè e raccontarcela, serate pizza e film, cene con cinese da asporto ad ascoltare musica e vedere i festival ma la media dei miei amati ospiti è di 3 o 4 all'anno. Ho realizzato che Era solo un'immagine di me, quello che pensavo dovessi essere e diventare per essere "giusto". Ora so che sono giusto così, con i miei pomeriggi "gatto, libro e the" con le mie serate musica e relax, con la mia pizza 36 farciture e videocorso di formazione. Oggi ho mandato quel tavolo in discarica e con esso l'idea di come avrei dovuto essere a cui avevo scelto di credere. Oggi mi sono amato completamente come solitario, smettendo di sentirmi in colpa, inadeguato e giudicato perchè non rispondo al telefono se non ho voglia, perchè non vado agli apericena e manco alle feste e pure in vacanza parto da solo. E va bene così. Facciamocene una ragione, ci sono persone che non sono socievoli e sono molto più sane di chi deve per forza stare in compagnia per non sentirsi sbagliato o per non fare i conti con quello che sente. IMPARATE A STARE DA SOLI GODETE DI VOI STESSI :-) Giancarlo Rabericati Tutti quanti avrete di certo l'amico o l'amica, o peggio il cliente, che pretende di essere ascoltato. Lo riconoscete facilmente: arriva un suo messaggio e voi pensate "mamma questo ora non mi molla più". Eh si, perchè la caratteristica di queste persone è l'incapacità di accogliere il vostro no. Quando sono in ansia, preoccupati, non sanno stare con la loro emozione e hanno bisogno di una valvola di sfogo: Voi. Ovviamente, tolta la pressione, il vostro compito è concluso, quindi potete congedarvi, anzi, vi congedano loro perchè hanno "da fare" (vi verrebbe da rispondere: anche io avevo da fare prima che mi costringessi ad ascoltare i tuoi problemi!). Il gioco di chi vuole essere ascoltato nasconde un certo principio un pò infantile e un pò narcisistico: come i bambini , l'attenzione degli altri li fa sentire sicuri, protetti, compresi e, narcisiticamente, gli alti esistono solo per questo: " se non servi, non esisti". Le dinamiche con cui questo gioco viene messo in atto sono sottilissime ma sopratutto un'incapacità di gestirsi l'ansia, la frustrazione, la preoccupazione. Non sanno stare con le loro emozioni. "Ciao come stai?", vi scrive. "Io bene, grazie, tu?", rispondete voi, segue un minuto e 35 di messaggio e, (per essere sicuri che lo ascoltiate), domanda:"cosa ne pensi di quello che ti ho lasciato nell'audio? dovrei lasciarlo?". Ora la palla sta a voi. Avrete sicuramente provato a rispondere strategicamente: "Mah non so, non sono in grado di aiutarti, ma sono certo si risolverà, ora devo lavorare, scusami" ma la risposta è manipolatoria: "Certo, scusa il disturbo, ma tu cosa ne pensi? cioè"..seguono 3 audio di 2 minuti l'uno. Se non rispondete arriva il tragico: "Posso chiamarti?". Come potete chiaramente vedere al vostro interlocutore non interessa se siete impegnati, voi DOVETE rispondere, a questo servite, altrimenti perchè dovrebbe tenervi tra i contatti? I PROFESSIONISTI NON SONO ESENTI Non crediate che per chi lo fa di professione, come me o come chi addirittura lavora in contesti terapeutici come psicologi o psicoterapeuti, possa essere al sicuro. Quando rispondo: "Parliamone in sessione, o, se è un tema di un certo tipo forse è il caso che ne parli con lo psicologo", la risposta è: " Adesso non posso fare sedute ho tanti impegni"+ audio di 4 minuti. Vedete il gioco? Il tema è sempre quello: ORA. Io sono speciale, il mio dolore /ansia è più importante, è più grande e tu ORA me lo devi togliere ascoltandomi. La sessione è una realtà spazialmente e temporalmente contenuta, non soddisfa il bisogno di placare istantaneamente l'ansia scaricando. E' uno scambio, non è come attaccarsi a una tetta o mandare giù una pillola. Quindi questi profili cercano sempre il fuori sessione. Non è importante l'interlocutore o la sua competenza: è importante scaricare e mantenere il contatto, certo se fate una relazione d'aiuto per loro è meglio, sarete ottimi ascoltatori. Ho smesso di andare in pizzeria e fare aperitivi con certe compagnie perchè era un "ma secondo te con lui/lei/il lavoro/ mia zia.." per tutta la serata. Il TOP è stato un cliente che quando gli ho scritto: "Mi spiace non posso risponderti ci sentiamo domani sono a un funerale mi ha risposto: "Non ti preoccupare, per questa volta non mi offendo (!!!!), facciamo via messaggini allora, tanto il prete non se ne accorge". Se svolgete professioni d'aiuto imparate a rispondere: "Capisco che per te è importante ma per me è lavoro, voglio rilassarmi e riposarmi anche io come te, ora" Se insiste, ripetete! Non cedete di un millimetro, o vi prendono così, per quel che siete e non per quel che fate, o potete fare a meno della loro amicizia. COME NE USCIAMO? ACCETTATE DI ESSERE DELLE BRUTTE PERSONE: le frasi neutralizzanti funzionano solo se voi siete in grado di reggere il senso di colpa sottointeso per non aver aiutato una persona in difficoltà: Il gioco manipolatorio sta tutto lì, nel VOSTRO BISOGNO di essere bravi e buoni e amabili e giusti e generosi. Lasciate andare questo bisogno. ACCETTATE DI NON ESSERE IN GRADO. E' bello aiutare gli altri, fa sentire potenti, ma il potere o , il finto potere, ha un prezzo: la libertà. Più esercitate questo tipo di potere più create dipendenza. STATE IN QUELLO CHE DITE: "Ora non posso" deve essere tale, se rispondete perdete credibilità. IMPARATE A GODERE LA GIOIA DI STARE DA SOLI: Quanto più avete paura di stare soli tanto più accetterete qualsiasi compagnia, Avete paura di essere lasciati soli se non fate i bravi ? E' amore questo? gli altri vi stanno amando per come siete? siete davvero in compagnia con queste persone? IMPARATE AD AMARVI, PER DAVVERO. Se una relazione d'amicizia o d'amore si basa su questa dinamica gli altri vi stanno vedendo come dei "cestini della spazzatura", è vero? è questo che siete? è così che vi vedete? valete così poco da ricevere solo scarti degli altri? Se non rispondete penseranno che siete cattivi. è vero? è tutto quello che siete? RISOLVETE LE VOSTRE EMOZIONI. Quando state nella serenità, nella gioia, nella pace non siete manipolabili, Quando siete in ansia, depressi, spaventati diventa facile solidalizzare nella speranza di tirarsi su l'uno con l'altro, ma alla fine precipitate in due oppure date molto di più di quel che ricevete e vi ritrovate con la vostra ansia più quella altrui. SMETTETELA DI PROIETTARE: Gli altri sono come sono, fanno come fanno. Non sono voi, non fanno come voi, non funzionano come voi. Per questo non potete dare consigli e, sopratutto, risolvere le loro ansie non placherà le vostre, se non per 5 minuti. IMPARATE L'ARTE DEL SILENZIO E DELLA VERITA': Rispondete quando volete davvero rispondere, quando rispondere è autentico rispetto alle regole del rispetto di voi stessi. Imparate a non rispondere e stare nel silenzio quando sentite che è troppo per voi, che non è il momento, che vi state mancando di rispetto. Imparate a reggere il silenzio. O ne avete paura anche voi? RIPRENDETEVI IL DIRITTO DI STARE IN SILENZIO!! - Giancarlo Rabericati- |
AutoreGiancarlo Rabericati è formatore e HR manager. Dal 1998 si occupa di formazione per aziende e privati. Archivi
Agosto 2020
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